Il Decreto Dignità è Legge: cosa accadrà nel Commercio?

Il Decreto Dignità è Legge: cosa accadrà nel Commercio?

( D.L. 12 luglio 2018, n. 87, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13 luglio 2018)

Nazionale -

In questa prima fase sarà necessario valutare con attenzioni tutte le modifiche, la vera ed unica svolta sarebbe l’abolizione immediata del Jobs Act e riteniamo estremamente negativa la reintroduzione dei voucher e la rinuncia al ripristino dell'articolo 18, ed evitare discussioni ignobili come la sagra dell’ipocrisia che è andata in scena alla Camera. Canovaccio: l’articolo 18, ossia l’impossibilità per le aziende di “licenziare senza giusta causa”, ovvero per “colpa grave” del lavoratore. Si discuteva del cosiddetto “decreto dignità" in questo clima fetido Liberi e Uguali piazzano la propria bandierina: un emendamento per reintrodurre proprio l’art. 18. Il primo firmatario dell’emendamento è Guglielmo Epifani, ex segretario generale della Cgil poi eletto senatore col Pd, ora alla Camera con Leu, ossia un vero esperto dell’argomento, uno che aveva votato senza problemi l’abolizione di quella norma in obbedienza ai diktat renziani e dell’Unione Europea. Altri sono gli spazi di lotta, dei vecchi arnesi non sappiamo che farcene!1


Vediamo quali sono i punti salienti della Legge:

1) CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO
1.1 Le novità del nuovo articolo 19 del Decreto Legislativo n. 81/2015
1.2 I contenuti dell’art. 21 in ordine alle proroghe ed ai rinnovi
1.3 Termine per l’impugnazione e nuova disciplina transitoria
1.4 Il contratto a termine nelle Pubbliche Amministrazioni

2)ESONERO PER FAVORIRE L’OCCUPAZIONE GIOVANILE

3)MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

4)DISPOSIZIONI PER FAVORIRE IL LAVORATORE NELL’AMBITO DELLE PRESTAZIONI OCCASIONALI

5) INDENNITÀ PER IL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO E PER L’OFFERTA CONCILIATIVA
5.1 Indennità per il licenziamento ingiustificato
5.2 L’indennità per l’offerta facoltativa di conciliazione

6)ASSUNZIONI PRESSO I CENTRI PER L’IMPIEGO

Soffermandoci solo sul primo punto, le misure varate per il contrasto del precariato, obiettivo dichiarato dall’Esecutivo, sono:

a) aumento dell’aliquota contributiva in caso di rinnovo dopo il primo contratto pari allo 0,5, cosa che però non riguarda i rapporti a tempo determinato del settore domestico, come chiarito con l’emendamento approvato nel corso della discussione alla Camera; b) diminuzione della durata massima complessiva riferita ai rapporti a termine, intesi anche in sommatoria che passa da 36 a 24 mesi; c) Introduzioni delle causali, a partire dal tredicesimo mese di utilizzazione del lavoratore, sia che si superi la soglia dell’anno in virtù di un contratto iniziale, di una proroga o di un rinnovo; d) ampliamento dei termini per la proposizione del ricorso giudiziario. 2


Il limite dei 24 mesi, così come lo era quello dei 36, potrebbe però favorire la rotazione dei contratti a termine e non la loro stabilizzazione o peggio l’esternalizzazione ed il ricorso a lavoratori illegali. L’introduzione in extremis di un periodo transitorio, per cui le norme sui tempi determinati entreranno in vigore il 31 ottobre, non fa altro che posticipare il problema, almeno su carta.


Siamo in un contesto generale in cui i disoccupati sfiorano i 3 milioni, calano i contratti permanenti (83 mila in un anno) e aumentano i contratti precari. Si parla di 400 mila in più in un solo anno. Contratti precari legati a doppio filo con l’aumento degli infortuni, anche mortali, e delle malattie professionali.

I lavoratori a termine sono più esposti perché si trovano in un rapporto di maggior debolezza rispetto al datore di lavoro. Questo minaccia trasferimenti, cambiamenti insostenibili dei turni di lavoro, addirittura, licenziamenti in caso di legittime denunce in merito alle mancanze sulla sicurezza dei luoghi di lavoro o delle attività svolte.

Per evitare abusi, in queste fasi di cambiamento così repentine, è necessario vigilare su quanto avverrà negli organici e ciò comporterà una notevole difficoltà viste le tipologie di contratti presenti in ogni negozio, in ogni centro commerciale:

1 tempo determinato
2 somministrazione
3 a chiamata
4 apprendistato
5 merchandiser promoter
6 part time
7.part time involontario
8 interinale
9.job on call
10 stage
11voucher
12lavoro indiretto,

per non parlare delle cooperative che riforniscono gli scaffali con paghe orarie da fame!


I contratti a termine interessano maggiormente il terziario, con un 60% che pesa sui lavoratori del commercio. Lavoratori precari, costretti ad accettare contratti part time per essere assunti, con turni frammentati nell’arco dell’intera giornata (2 ore la mattina e 2 ore il pomeriggio) e l’obbligo, anche se illegittimo, a lavorare nei giorni festivi. Non viene rispettato neanche il diritto di non lavorare la domenica per le mamme, o padri affidatari, fino ai tre anni del figlio.

USB pretende la stabilizzazione di tutti i lavoratori del commercio a cui deve essere garantito il pagamento della malattia e un salario dignitoso.

Da una verifica degli organici, il problema dei part time involontari è solo l’apice della catena, così anche come una discussione profonda sul lavoro domenicale e festivo: apprezziamo lo sforzo del Ministro per giungere ad una regolamentazione nel commercio, ma riteniamo che il tema debba essere analizzato nel suo complesso con un’ attenzione scrupolosa alla questione occupazionale.

Questi sono alcuni fra i tanti temi che dovranno essere affrontati.


E’ per questi motivi così come altri che invieremo un’urgente richiesta di incontro al Ministro Luigi Di Maio: il Commercio fa parte di quella filiera del valore che viene continuamente resa oggetto di una contrattazione al ribasso e di una riduzione dei diritti dei lavoratori non più accettabile.


 

1Il balletto osceno sull’art. 18 di Redazione Contropiano

2 E. Massi: i 6 punti chiave introdotti dalla conversione del “decreto dignità” - Guida definitiva [E-book]