Confcommercio ci vuole ancora più flessibili e sfruttabili, senza aggiungere nulla alle retribuzioni. USB: posizione irricevibile, andremo allo scontro

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Quello di Confcommercio è un attacco alle condizioni di lavoro dei 2milioni 800mila lavoratori e lavoratrici inquadrati con il CCNL Terziario Distribuzione e Servizi di Confcommercio, ma è anche un affronto all’intelligenza di tutti noi. La vicepresidente Donatella Prampolini, nel corso della conferenza stampa sui temi del salario minimo in vista delle trattative con i sindacati per il rinnovo del contratto che si è tenuta in data 11.10.2023, ha affermato che la contrattazione salariale non è all’ordine del giorno, aggiungendo che nel settore i salari non sono sotto la soglia “psicologica" dei 9 euro.

Premesso che l’inflazione, il carovita, e l’impoverimento generalizzato non hanno nulla di meramente “ideologico” e che queste contraddizioni che i lavoratori vivono quotidianamente non possono essere superate con elementi meramente “psicologici”, la cosa ulteriormente grave nelle parole della Prampolini è IL FALSO assunto sulla cifra minima indicata. Confcommercio, nella persona della sua vicepresidente, mente quando dichiara che è già garantito un salario minimo di 9 euro a partire dall’ultimo livello, perché invece si aggira sulla cifra di 7.64 euro. Non possiamo quindi che respingere la narrazione di un salario minimo irreale, gonfiato di elementi diversi, differiti e indiretti.

È dunque gravissimo che, in aggiunta a questo, non si tenga conto dei costi indiretti che riducono il potere di acquisto di un salario largamente inferiore alla media europea.

In Italia i profitti delle imprese continuano a crescere perché l'attuale contrattazione collettiva consente di risparmiare sul costo del lavoro, questo significa che le aziende iniziano a guadagnare già nella fase produttiva non garantendo un giusto salario a chi produce la loro ricchezza.

USB è in prima linea nella campagna di rivendicazione di un salario minimo, netto, di 10 euro l’ora a partire dai livelli più bassi. Ma qui dobbiamo denunciare un duplice attacco contro i lavoratori e le lavoratrici del settore, un attacco prima salariale e poi anche sulle condizioni materiali di lavoro.

Infatti, la signora Prampolini che disdegna il confronto sulla contrattazione salariale, poi affonda il colpo sulla volontà datoriale di introdurre nel rinnovo del CCNL ulteriori elementi di flessibilità e stagionalità.

Occorre ricordare che ad ogni rinnovo del contratto di settore ai lavoratori e alle lavoratrici è stato tolto un pezzo di dignità: decurtazione progressiva dell’indennità sulla malattia fino all’azzeramento totale dei primi 3 giorni, lavoro domenicale ormai ordinario, vacanza contrattuale e aumenti risibili se non ci fosse da piangere. Con questo quadro normativo, poi, la fanno da padrone le realtà singole dove la liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura rende impraticabile la conciliazione della vita con il lavoro -non a caso è in questo settore che si registra un numero preoccupante di dimissioni per disperazione-, perché si lavora tutti i giorni, tutte le domeniche, tutti i festivi, spesso fino alle 22 se non oltre. Il commercio è un settore in cui gli addetti sono costretti al lavoro part time - altro che salario minimo! - e con turnazioni già flessibili al punto che non solo è impossibile conciliare una seconda attività lavorativa, ma neppure un brandello di vita.

Per questo USB respinge al mittente la volontà di chiudere in fretta e male il rinnovo contrattuale e preannuncia scioperi e proteste.